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diRoberto Ricci
che fu docente di matematica e fisica , talvolta informatica
La matematica mi ha accompagnato per tutta la vita o quasi.
Il primo ricordo della presenza della matematica nella mia vita è associato alle funzioni corporali, quelle che richiedono più tempo, coadiuvate con la letture di fumetti – a quei tempi L’intrepido, con personaggi come Billy Bis – o con le parole crociate. Andando di corpo anche grazie a numerosi esercizi di calcolo letterale sul quaderno di matematica delle medie incorporavo le prime fondamentali abilità.
Alle medie l’insegnate di Matematica si chiamava Paltretti ma di lei non ricordo altro che era bionda, lentigginosa e carrozzata bene; le mie valutazioni erano un alternarsi di quattro e di otto, questi a conferma del fatto che mi ero scordato di studiare restando indietro, quelli a testimoniare che studiando ed esercitandomi non mi era difficile fare bene. In Italiano invece né il risciacquo della mia lingua ancora acerba in Arno durante i primi anni di scuola elementare né l’esercizio lessicale con le parole crociate mi permise di rompere la piattezza di valutazioni che si avvicinavano alla sufficienza senza mai raggiungerla, lontano dall’olimpo dei pochi che guadagnavano l’approvazione di quella anziana donna magra con un viso ovale orizzontale su un collo che si arrossava terribilmente ogni volta che, abbastanza spesso, si arrabbiava. L'unico episodio memorabile e da potersi raccontare fu l'aver vinto il sei in pagella in ginnastica per la scommessa con il prof. Frigeri che avrei fatto canestro dal centro campo.
Al biennio dell’istituto tecnico adoravo il prof. di matematica, Alessandri, soprannominato Pinguino per i pantaloni dal cavallo basso, che percorreva instancabilmente l’aula in lungo e in largo. Ne ebbi profitto, tanto da poter iscrivermi al triennio sperimentale di Elettronica e Telecomunicazioni, denominato in seguito Informatica, al quale si poteva accedere solo con valutazione almeno discreta in matematica.
Al triennio il prof. Alessandri, l’unico dal quale per la mia disinvoltura nel comportamento ebbi una nota disciplinare sul registro, insegnando Statistica e Probabilità affiancava la professoressa Pirazzini, titolare per matematica, per sei ore settimanali, che era un donnone con grembiule grigio quasi sempre sporco di gesso ed era anche la bestia nera per molti miei compagni. Quando l’ultimo anno, per motivi di salute mi pare, fu sostituita per diversi mesi da un ingegnere un po’ disorientato di fronte ad argomenti che forse non si aspettava di dover affrontare in modo così approfondito come ad alcuni di noi veniva da chiedere, provai l’esperienza di uno studio più personale della matematica, fino a arrischire le prime deduzioni autonome per ricondurre formule assegnate come semplici tecniche risolutive a quello che mi sembrava di aver già capito abbastanza bene. Per l’esame di maturità feci una tesina sulle equazioni differenziali ordinarie per la quale la commissaria di matematica, di cui ricordo solo che era molto giovane, si complimentò fuori dall'aula dopo il colloquio. Successivamente la prof. Pirazzini ci incontrò anche per parlarci della possibilità di iscriversi a Informatica all’Università di Pisa, dove non ricordo più quali contatti avesse, e dell’opportunità di accedere alla Normale. A tutti noi, in particolare a me, credo sembrò un obiettivo sproporzionato rispetto alle ambizioni che avevamo, quelle fondamentalmente più modeste di trovare lavoro come informatici magari presso l’allora CNEN dove lavorava la nostra prof. d’Informatica, la sign.ra Lolli, o all'IBM. Però trovare lavoro fu più difficile del previsto: essere militeassolto era un requisito indispensabile per tutte le aziende contattate.
Così l’iscrizione all’Università di Bologna fu per tutti, credo, un inevitabile temporeggiamento; Matematica fu per sette-otto di noi il corso di Laurea ritenuto più adatto – uno scelse Fisica, due Statistica e uno Ingegneria elettronica - sia per il numero di esami poco impegnativo, sia perché all’indirizzo applicativo vi erano corsi di Calcolo Numerico e di Programmazione quando ancora non esisteva alcun corso specifico per Informatica.
Frequentando le lezioni dopo le vacanze estive e qualche mese di lavoro, in una verniceria meccanica vicino a casa – per non pesare troppo sulla famiglia e assimilare meglio il significato della parola lavoro -, mi resi sempre più conto di quanto mi piacesse più studiare che lavorare ma anche di quanto fosse piacevole la giornata universitaria – che per me finiva al più nel tardo pomeriggio perché l’ultima corriera per tornare a casa era alle otto di sera – con i compagni vecchi e nuovi, le ragazze, il collettivo, i movimenti studenteschi; e, non ultimo, quanto sempre più m’intrigasse la matematica.
Non solo mi piaceva la Matematica dei corsi fondamentali, cioè Algebra e Analisi - c'erano anche Meccanica Razionale che non mi entusiasmava mentre il corso di Geometria aveva perso proprio quell’anno il titolare, deceduto, sostituito da quella che si diceva fosse stata sua amante e che sapeva solo ripetere a memoria il testo scritto dal titolare, smisi ben presto di frequentarlo; Anche Fisica I il cui titolare, con gravi problemi di salute, era sostituito da due giovani assistenti non entrò in risonanza con le mie corde -, tenuti da due docenti tanto diversi quanto importanti per me; mi piaceva anche tutto quanto ne era contorno, dalla logica, all’epistemologia, alla storia della scienza.
Al mio entusiasmo non solo per la matematica più tecnica aveva senz’altro contribuito la disponibilità alle letture, disordinate, maturata qualche anno prima nel tentativo di dare un senso alla disperazione d’esser finito a vivere a venti chilometri da Bologna dove ero cresciuto, ma anche aver incontrato al corso di analisi una ragazza proveniente da un altro pianeta, Filosofia, che, volendosi laureare in Filosofia della Scienza, era stata spinta da chi la seguiva ad affrontare un esame “hard” di matematica. Oltre a distinguersi chiaramente dalle matricole di Matematica, 96% ragazze per lo più orientate all'insegnamento, era una intrigantissima sintesi di femminilità, intellettualismo e ricchezza raffinata; non nascondeva le sue difficoltà nel seguire il corso ma, senza mostrarne angoscia, le compensava quelle altre conoscenze che stimolavano la mia curiosità e suggerivano un ordine ai diversi approfondimenti. A volte studiammo un po’ insieme, a casa sua, più di un monolocale in via San Petronio Vecchio, arredato con gusto, completo di un meraviglioso giardinetto. Anche se lei mi faceva sentire completamente a mio agio, vivevo tutta la mia inadeguatezza soprattutto quando con grande nonchalance mi presentava amici del tipo docenti alla Sorbonne.
Passato all'indirizzo generale insieme a pochi altri cominciai a coltivare il sogno di poter restare nel mondo dell'università a fare ricerca. Sebbene fossi riuscito a meritare una borsa di studio C.N.R. per laureandi - poi confermata per altri sei mesi dopo la laurea - cominciai a sentire troppo il peso di uno studio senz'altri stimoli che la mia intelligenza che si aggiungeva alla preoccupazione per la scarsità dell'importo delle borse di studio e al fatto che concorsi con qualche possibilità di entrare all'università non ce ne sarebbero stati per molto tempo.
Così partii per il servizio di leva giocandomi poi il resto delle ambizioni al Corso Estivo di Matematica di Perugia del 1979, dove non colsi l'opportunità di trasferirmi in un'università americana offerta da Matematici del prestigio di Gian Carlo Rota che era uno dei docenti.
Per quanto insegnare alle superiori non rientrasse nei miei obiettivi, avevo una cattedra nel bellunese per iniziare a guardarmi intorno per cercare senza preoccupazioni economiche qualcosa di meglio. La libertà, gli amori, il tempo libero e il piacere dello studio contribuirono a fare di me un insegnante.
L'appassionato quanto inesperto professore quasi coetaneo dei suoi studenti dell'ultimo anno si è trasformato lentamente in un severo babubau preoccupato per l'irreversibile deterioramento della scuola che al faticoso studio per lo più individuale è andata sostituendo il frutto delle chiacchiere delle diverse mode pedagogiche, le quali mode, a giustificazione dei loro fallimenti, oggi non possono più nemmeno incolpare una generazione di insegnanti reazionari ormai da tempo in pensione.
Oggi, bruciate completamente quel po’ di ambizioni che sotto la cenere avevano continuato a covare, e qualche volta riapparse come braci ancora accese, cercando di ravvivare ricordi più che tracciare un senso o compilare un bilancio, provo a riadolescenziare in libera quiescenza prima di finire rimbambito.
Liceo Scientifico "G. Galilei". Belluno.
Dalle sezioni staccate di Pieve di Cadore e Cortina poi alla sede di Belluno
Corsi Sperimentali dell'Istituto Magistrale "L.Stefanini" Mestre, Venezia.
Una scuola senza voti, con la ricerca storica, il laboratorio polivalente, informatica con il mitico PDP-11 della DIGITAL.
Liceo Scientifico "N. Copernico" Bologna.
Quando i ricordi più belli sono i corsi tenuti da formatore del Piano Nazionale Informatica a Faenza.
Liceo Scientifico "A. Righi" Bologna.
Dove ho raggiunto la maturità, fin troppa.
Liceo Classico "M. Minghetti" Bologna.
Per finire in bellezza.
Bologna, Ita
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