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Zeri approssimati di una funzione

Tradizionalmente, per l'apprendimento dei saper fare matematica, lo studente è generalmente messo di fronte a esercizi concepiti appositamente per l'impiego di metodi di risoluzione esatta. Si tratta quindi per lo più di situazioni artificiose, come in una palestra attrezzata per sviluppare solo ben determinati muscoli. Sappiamo tuttavia che, nell'infinita casistica di situazioni problematiche in ambito matematico, accade spesso di non poter far uso quei metodi.

Quando non si conoscono metodi esatti per risolvere un'equazione è generalmente inevitabile ricorrere a un metodo di approssimazioni successive.

Nell'era iniziata con la rivoluzione dell'automazione elettronica dei processi di calcolo numerico, questi metodi si sono subito imposti in modo del tutto naturale perché emblematici del modo di pensare algoritmico e perché basilari per l'evoluzione di altri metodi di calcolo numerico.

Metodi di questo genere erano tuttavia già conosciuti e applicati dai Babilonesi, tra i primi ad utilizzare un sistema di numerazione posizionale, per calcolare radici quadrate - metodo talvolta attribuito al greco Archita (426-435a.c.) o ad Erone d'Alessandria ( vissuto tra I e II sec d.c.) -; era noto come metodo della falsa posizione presso gli egiziani; è possibile riconoscerlo inoltre nelle argomentazioni prodotte da Zenone d'Elea nel 500 a.c. circa.
Un metodo per l'estrazione delle radici quadrate e cubiche dei numeri, cifra per cifra, fu scoperto da matematici indù, poi comunicato agli arabi che lo trasmisero in Europa.
Questo metodo fu esteso da François Viète nel 1600 in modo da fornire le radici delle equazioni algebriche in generale. Il processo era così laborioso che un matematico del diciassettesimo secolo lo descrisse come "un lavoro inadatto per un cristiano", ma fu in uso generale dal 1600 al 1680.
Nel 1674 un metodo basato su un nuovo principio, il principio di iterazione, fu comunicato in una lettera di David Gregory a John Collins e indipendentemente, pochi mesi dopo, in una lettera di Michael Dary a Isaac Newton.
Un algoritmo suggerito da Newton, simile a quello babilonese, per la determinazione delle radici quadrate può essere descritte come segue:
Sia $N$ il numero di cui è richiesta la radice quadrata. Prendi un numero qualsiasi $x_0$ e da esso calcola $x_1 =\frac{1}{2}\left(x_0 + \frac{N}{x_0}\right)$. Da $x_1$ calcola $x_2 =\frac{1}{2}\left(x_1 + \frac{N}{x_1}\right)$. Da $x_2$ calcola $x_3 =\frac{1}{2}\left(x_2 + \frac{N}{x_2}\right)$ e così via. La sequenza $x_0,x_1,x_2,x_3, \dots$ tende alla radice quadrata di $N$.

Possiamo vederne i calcoli ad esempio per

per $N=$ allora $x$0= da cui $x$1=
(premere la freccia per iterare il calcolo).

Nel Metodo delle flussioni e nel De Analisi Newton lo generalizza al calcolo approssimato delle soluzioni delle equazioni.

Uno dei primi problemi che si pongono nell'insegnamento/apprendimento della matematica è comunque quello della distinzione espressioni per rappresentare numeri irrazionali, non rappresentabili in modo esatto con numeri in forma decimale limitata, ed espressioni decimali esatte per rappresentare risultati di un loro calcolo approssimato, ottenuto spesso in modo nascosto attraverso una calcolatrice; questo accade ad esempio quando, da soluzioni esatte delle equazioni di secondo grado attraverso la nota formula, si passa a una loro valutazione numerica approssimata.

Anche i metodi geometrici ad esempio per le estrazioni delle radici quadrate, sia esatti sia approssimati come quello basato sul Mesolabio di Eratostene per trovare la radice quadrata di un numero tra 0 e 1, o come i meccanismi risolutori generali di equazioni comportano in genere la necessità di arrivare a una valutazione numerica approssimata.

Se anche le più modeste calcolatrici tascabili estraggono radici mentre le più sofisticate risolvono equazioni senza che l'utente debba darsi pena di sapere come, l'insegnante ha il dovere di ricordare che queste macchine implementano algoritmi di calcolo approssimato, e dove possibile è importante che esamini i metodi fondamentali, quelli che hanno preceduto gli algoritmi oggi più efficienti, tra gli oggetti di studio dell'analisi numerica.

Si tratta inoltre di un tipico argomento di integrazione tra matematica e informatica - da affrontare non necessariamente dopo il calcolo infinitesimale ma, in parte, anche prima per motivare al concetto di limite - che può stimolare l'uso del laboratorio servendosi sia di linguaggi di programmazione tradizionali sia di altri ambienti come il foglio elettronico.

Bibliografia